Per la sua terza stagione, dal 3 ottobre 2023 al 30 giugno 2024 FOROF - spazio dedicato al dialogo tra arte contemporanea e archeologia fondato da Giovanna Caruso Fendi - presenta BALTIC ADVENTURE, un progetto site-specific dell’artista lituano Augustas Serapinas (Vilnius - Lituania, 1990) che ricrea il paesaggio di un allarmante futuro, risultato degli effetti devastanti del riscaldamento globale.
Un percorso espositivo fatto di evocazioni e connessioni, curato da Ilaria Gianni, che vuole essere un monito al problema dell’instabilità climatica e un invito ad agire in favore dell’ambiente.
Negli spazi archeologici di FOROF Serapinas ricontestualizza il suo lavoro Mudmen, in cui figure simili a pupazzi di neve - realizzate però con paglia e fango - abitano l’antico Foro Romano come presenze che ci mettono in guardia rispetto a un futuro distopico, più probabile di quanto immaginiamo.
Le voci delle rovine
Testo critico di Ilaria Gianni
Baltic Adventure è una mostra personale site-specific dell’artista Augustas Serapinas (Vilnius, 1990), in dialogo con la storia di Roma, pensata per l’esattezza, per l’abside della Basilica Ulpia, di cui una porzione è sottostante l’attuale palazzo Roccagiovane, sede di FOROF – progetto che fa della conversazione tra archeologia e arte contemporanea il cuore del proprio programma.
La poetica dell’artista, sempre in sintonia con lo spazio che indaga, sviluppa opere innestate su storie passate, capaci di attivare riflessioni sul presente attraverso uno spostamento di prospettiva spaziale e concettuale. In questa occasione, Serapinas si mette in ascolto dei Fori di Traiano, punto d’incontro della vita civica dei romani e luogo dove si svolgevano le cerimonie di manumissio degli schiavi, con l’idea di recuperarne la funzione di spazio pubblico partecipato. Per Baltic Adventure, l’abside della Basilica Ulpia riprende vita e si popola di un gruppo di nuovi soggetti provenienti da tempi e luoghi incerti. Un’assemblea di Mudmen, personaggi di paglia e fango, sembra essersi riunito per discutere di qualche urgenza politica, proprio come avveniva tra i cittadini nel II secolo d.C. Con la loro silenziosa presenza tra le colonne e i marmi, i gruppi di pupazzi cercano di ammonirci di qualcosa: i loro corpi inquietanti e informi si pongono come testimonianze emblematiche delle catastrofiche conseguenze a cui ci sta conducendo il riscaldamento globale, da cui loro stessi sono stati generati. Destinati ad essere originariamente Snowmen, sculture-pupazzi di neve realizzati dai bambini nei parchi di Riga, e recuperati dall’artista per essere messi in mostra alla Riga Biennial, diventano invece pupazzi di fango quando, nel gennaio 2020, la neve nella capitale lettone non cade. Le condizioni insolitamente calde non privano Serapinas solamente del materiale con cui lavorare, ma lo mettono a confronto con la manifestazione tangibile del cambiamento climatico, repentino e minaccioso. I soggetti nati da questa situazione inconsueta e allarmante, materializzatesi tra le rovine come in uno scenario fantascientifico, ci osservano e, con il loro grottesco e tenero essere, ci spronano a prendere una posizione, ad agire nel concreto da cittadini responsabili. Corpi simbolici, surreali, rovine essi stessi, interagendo con i resti di un tempo che fu, affermano come una relazione critica e profonda con il passato, con l’archeologia e il suo centro di confronto politico, sia in grado di rammentarci come il presente debba essere affrontato e il futuro preservato.
In dialogo con le rovine della Basilica Ulpia sono le opere Part of the House from Rūdninkai (2023) e Part of the House from Skirgiškės (2023), appartenenti ad una serie di lavori in costante elaborazione. Rovine di case in legno, provenienti dai Paesi baltici, rimosse dal loro ambiente e sottoposte ad un processo di trasformazione, prendono la forma di installazioni pensate appositamente per gli spazi di FOROF, insieme a Window Glasses from Jonas house (2023), piccole sculture di vetri, ricavate dalle finestre delle abitazioni, fuse insieme a un pigmento realizzato dall'artista utilizzando parti metalliche della stessa casa, con un processo quasi alchemico. La struttura dello spazio domestico viene così recuperata nel suo insieme e alterata con l’obiettivo di costruire un nuovo sistema di percezione e conoscenza. Questi vecchi edifici, parte del paesaggio architettonico baltico, costruiti con un sapere artigiano destinato all’oblio, preservati solo nei centri storici cittadini, sono da anni divelti e venduti come legna da ardere. Salvando queste case scartate, l’artista recupera un rimosso, conservandone la presenza. Nonostante Serapinas le privi della loro forma originaria, frammentandole, riducendole e tetti, pezzi di parete, travi e finestre, queste abitazioni, liberate dalla loro funzione, diventano oggetti che dichiarano il loro valore di manufatto artistico e la conoscenza tecnica da cui derivano. Rovine esse stesse, l’artista utilizza i frammenti di queste case nei termini di ciò che conservano, mettendoli in scena in una nuova costellazione scultorea. Il suo intento non è semplicemente preservare una tradizione locale, ma costruire una discussione sulla fragilità politica e sociale che appartiene all’oggetto storico e alle sue narrazioni, dimostrando la transitorietà di tutti i sistemi di conoscenza, destinati a essere interrotti, ma capaci di essere riportati in vita per svelare nuove prospettive.
La domanda che si pone Augustas Serapinas è in fondo cosa sia possibile imparare sul nostro passato se permettiamo ai frammenti di storia di esibirsi in contesti e situazioni diverse da quelli originari. Con le sue opere l’artista ci ricorda che le rovine non sono oggetti neutri, bensì soglie. Sebbene sembrino raccontare la storia del proprio tempo, ciò che sottovoce ci rivelano – che appartengano all’antica Roma o una modernità baltica – è il loro essere interstizi in cui insinuare una critica del contemporaneo, commentare la storia con l’intenzione di costruire una nuova visione, constatando il potere culturale rivoluzionario che l’atto creativo ancora conserva.
Reimmaginare e rimettere in scena gli spazi complica e problematizza i presupposti che li
circoscrivono, non solo nel contesto dell'istituzione artistica, ma anche rispetto alle più
generali infrastrutture sistematiche che li vincolano. Tali considerazioni costituiscono i principi
fondamentali della pratica di Augustas Serapinas. Da un lato, la ricomposizione degli spazi
come ritratti saturi e autoreferenziali del funzionamento interno dell'istituzione artistica mette
in discussione l'ordine, l'organizzazione e l'agenda delle esposizioni d'arte convenzionali.
Spesso è il museo stesso a essere messo in mostra, in un gesto che ne imbriglia la funzione
naturalizzata e lo espone come una struttura enigmatica che smentisce la sua trasparenza di
pareti bianche. D'altra parte, invertire le funzioni abituali delle strutture architettoniche
permette a Serapinas di rimettere in scena le distese fisiche in un modo che mette in crisi i
sistemi gerarchici con cui conferiamo loro un significato. L'accesso del pubblico a questi spazi
reinventati e manipolati non produce solo un commento sociale o un resoconto della norma
istituzionale, ma articola un sito complesso per la riformulazione della soggettività stessa.
Scavando spazi oscuri, Serapinas ci riposiziona nella nostra relazione con gli spazi che
abitiamo. Le nostre percezioni e aspettative naturalizzate della struttura architettonica e dello
spazio sono sradicate da questa nuova posizione, consentendo all'artista di orchestrare
questi spazi come aree di soggettività che mettono in discussione non solo il modo in cui ci
orientiamo all'interno e verso di essi, ma anche il modo in cui questo genera o blocca le
interazioni sociali. Interessato alle pratiche relazionali e non materiali dei primi anni Novanta,
Serapinas interroga la spazialità come mezzo per esplorare la nozione di incontro - come
opportunità, atto o fenomeno - e le sue implicazioni nei processi di formazione dell'identità.
Rivelando spazi precedentemente non rivelati, trascurati o non occupati come curiosi
intermediari che, nella loro rivelazione, assumono nuovi scopi e funzionalità, lo spettatore è
incoraggiato a considerare nuove possibilità di identificarsi nei confronti di coloro che
popolano queste aree.
Augustas Serapinas (nato nel 1990 a Vilnius, Lituania) vive e lavora a Vilnius. Ha studiato al
Vilnius Academy of Arts (Vilnius, LT). Tra le mostre si ricordano: 6th Moscow Biennale of
Contemporary Art, Mosca, RU, 2015; How To Live Together, Kunsthalle Wien, Vienna, AT,
2017; Four Sheds, Fogo Islands Art, Terranova, Canada, 2017; Everything Was Forever,
Until it Was No More, RIBOCA1, Biennale d'arte contemporanea di Riga, Riga, LV, 2018;
Give Up The Ghost, Baltic Triennial 13, Vilnius, LT, 2018; Kunsthalle Bremen, Bremen, DE,
2018; May You Live in Interesting Times, a cura di Ralph Rugoff, 58a Biennale di Venezia,
Venezia, IT, 2019, RIBOCA2: Riga International Biennial of Contemporary Art a cura di
Rebecca Lamarche-Vadel, Riga, LV, 2020, Diana, CCA Tel Aviv, IL, 2021, Art Basel:
Parcours, Basilea, CH, 2021; Biennale di Toronto, 2022; Re-apprearing Imagineries Misk Art
Institute, Ryadh, Arabia Saudita, 2022.